Spoon River 2006

di Edgar Lee Masters

regia di Riccardo Massai

LO SPETTACOLO

Lo spettacolo si presenta come originale e unico: la polifonia delle voci che nell’opera raccontano le tragedie quotidiane di cui è impastata la loro vita, si fa reale nel set suggestivo del cimitero, aperto per l’occasione a una schiera di circa 40 attori, tra i quali noti interpreti toscani, che disposti in più punti del luogo, danno voce e corpo agli umili personaggi di Lee Masters.

Uno spettacolo stereofonico e coinvolgente concepito per spettatori itineranti che, forniti di una piantina con indicati i vari luoghi delle performances, si soffermano all’ascolto di un racconto, per poi proseguire nel percorso verso le vicissitudini che hanno animato altre vite.

Spiega il regista: “Nel corso dell’allestimento ci siamo resi conto che ciascuna lirica, ciascun attore ha al suo interno un segreto, un’emozione, un amore o dolore; ciascun epitaffio racchiude nella sua immediatezza un dono per lo spettatore a cui starà il compito di raccogliere questo mazzo di vite. Gli spettatori vedono, come attraverso lenti, le anime che popolano il cimitero mentre raccontano la loro esistenza”

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RESSEGNA STAMPA

Voci lontane sempre presenti.

Ricordi, storie, nomi. Il prima e il dopo, biologico o ultraterreno dipende dalle convinzioni, si confondono nella religiosa laicità di una bella idea al confine fra teatro e letteratura, religione, antropologia e abitudini. L’idea in realtà semplice – che è sempre una garanzia in questi anni affollatissimi d’acrobatici nulla – l’ha avuta, Riccardo Massai, rigista intelligente e alacre organizzatore. E le ha dato forma, con acuta misura, accordando sentire diversi.

La Repubblica, Paolo Russo, 14 novembre 2006

Un’idea insolita, anche geniale teatralmente parlando, eppure in fondo semplice quella del regista Riccardo Massai di far recitare l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, dove parlano, come si sa, i morti di una cittadina americana, in un vero cimitero quello monumentale dell’Antella. Ciascuno in un suo spazio, i defunti evocano la loro vita spesso tragica, scoprono segreti propri e altrui o toccano la soglia di rivelazioni, liriche o metafisiche, sull’eternità che hanno raggiunto; forse affiorano dal nulla, dove ricordano e recriminano per sempre; forse sono in un’oltretomba dove noi non possiamo sapere nulla. Trentasette gli interpreti, con Carlo Monni che recita l’introduttiva La Collina che presenta questo universo di morti culminante nella figura della figura del violinista Jones che visse e morì a novant’anni senza nemmeno un rimpianto.

Servizio RAI, 13 novembre 2006, Francesco Tei